E
' tradizione che sia stato S. Romualdo a fondare, nel 1008-1009, non lontano dalla Fratta, il Monastero di San Salvatore di Monte Acuto, alle falde di Castiglione dell'Abate, vicino al fiume Tevere. Si vuole anche che nel 1050 fosse retto da San Pier Damiani.La norma benedettina, consegnata ai discepoli, fu da San Romualdo interpretata ed integrata da elementi giuridici che regolavano in maniera rigida la giornata dei camaldolesi. Sette ore al giorno erano dedicate allo studio e al lavoro, considerato quest'ultimo elemento necessario per realizzare una vita santa.
Nel 1234 il pontefice Gregorio XI concesse all'ordine dei monaci cistercensi l'Abbazia di S. Salvatore, la quale tornò ai camaldolesi nel 1434, per ordine di Eugenio IV; nonostante la decisione papale, i camaldolesi ripresero possesso dell'Abbazia nel 1523.
Nel 1520 papa Leone X consentì all'eremita camaldolese Paolo Giustiniani di fondare nuovi eremi e riformare le regole di quelli esistenti e scarsamente funzionanti; l'ordine di Paolo Giustiniani venne riconosciuto nel 1523 e chiamato Congregazione di San Romualdo; L'unione tra i camaldolesi e la nuova Congregazione di San Romualdo però non fu né duratura, né proficua e nel 1525 si giunse di nuovo a una separazione tra le due comunità. Nel 1526 si stabilì di chiamare la congregazione di San Romualdo con il nome di Compagnia degli Eremiti di Monte Corona.
Dal 1526 l'abbazia inizia ad essere chiamata Badia di Monte Corona e diviene un punto di riferimento per tutto l'ordine dei Coronesi. Nel 1528 fu stabilito di costruire l'eremo sulla vetta del Monte Corona. Negli anni successivi la vita nell'Abbazia di San Salvatore fu intensamente legata a quella che si svolgeva all'Eremo; erano due centri che tra loro si integravano, l'Eremo era il fulcro della vita spirituale e la Badia la sede più importante delle attività economiche. La Badia erano concentrati i magazzini e gli uffici amministrativi; vi erano inoltre le abitazioni per gli eremiti che, per vecchiaia o per infermità, non potevano osservare le rigorose regole di vita praticate dai confratelli che vivevano all'Eremo.
L'Abbazia era provvista di una farmacia che ebbe grande importanza e rimase in attività per molti anni anche dopo che i monaci furono costretti a lasciare Monte Corona nel 1860.
Dopo la confisca dei beni ecclesiastici da parte dello stato italiano, nel 1863 gli eremiti devono lasciare l'eremo di Montecorona e l'Abbazia di San Salvatore. Tutte le proprietà dei camaldolesi (2524 ha di terreni) vengono date in affitto ai fratelli Santicchi e Vaiani e poi, nel 1865, vendute al conte Giuseppe Manni. Il 27 marzo 1871 le proprietà passano alla Famiglia Marignoli che costruirono alla Badia una lussuosa abitazione e un importante canale di irrigazione. Verso la fine del 1935 i Marignoli cedettero la proprietà ad una banca, che la vendette nel 1938 al tenore Beniamino Gigli. Al profilarsi della seconda guerra mondiale, la proprietà è venduta al gruppo I.F.I (Istituto Finanziario Italiano di FIAT); nel 1941 alla tenuta sono uniti i beni dell'azienda di Antognolla. Nel 1965 l'azienda agricola passa al gruppo S.A.I. (Società Assicuratrice Industriale della famiglia Agnelli). Nel 1979 la S.A.I. entra a far parte del gruppo Ursini ed oggi l'azienda di Monte Corona è chiamata "S.A.I. Agricola S.p.a.". Negli anni '80 si è avviata la vendita del castello di Antognolla(1)(2).
L'architettura dell'antica cripta seminterrata dell'Abbazia, detta oggi della Madonna delle Grazie non è facilmente databile, certi elementi fanno pensare al sec. XI, la posizione della absidi della chiesa inferiore e di quella superiore richiamano al 1300, ma non è da escludere un'epoca più antica. E' molto probabile che sul luogo stesso ove sorge la chiesa esistessero i ruderi di un tempio pagano o paleocristiano, ruderi che potrebbero essere serviti per la costruzione della cripta. All'interno di questa si trovano pilastri, colonne e capitelli di forme e grandezze diverse, ricavati su materiali vari, che inducono a pensare all'esistenza, in questo luogo, di resti utilizzati dai discepoli di San Romualdo. All'interno della cripta, una tela del 1549, posta sopra l'altare, raffigura la Madonna e quattro religiosi.
Della torre si hanno poche notizie. Nasce in pianta circolare (epoca longobarda) e prosegue verso l'alto (XIV secolo) diventando prima endecagonale (11 lati) poi ottagonale (1756 circa: epoca in cui vennero sistemate le campane). La particolarità della struttura, nonché le piccole feritoie che si intravedono, hanno portato a ritenere che forse, anticamente, era una torre di difesa. L'orologio è stato restaurato nel 1992.
La chiesa superiore è a tre navate, delle quali quella centrale è coperta a padiglione e con interessanti resti di affreschi. Al centro della grande navata, al momento della costruzione, fu posto un bellissimo altare, ora scomparso, dietro il quale è un coro ligneo di buona fattura. Questa chiesa fu consacrata dal vescovo di Gubbio nel 1105. Nel secolo XVI, costruito l'Eremo di Monte Corona, questa chiesa venne ingrandita ed il prolungamento riservato ai fedeli; lo spazio sopra l'antica cripta venne occupato dalla sacrestia, da una sala per le riunioni, da un organo posto dietro all'altare. Nel 1960 furono eseguiti lavori di trasformazione e di ripristino e al posto del grande altare fu sistemato l'antico ciborio (forse del sec. VIII) un tempo nella Chiesa di San Giuliano delle Pignatte(1)(2)(3).
Ricerca e Sintesi
Strade e posti
Fonti
(1) leonexiii.org
(2) medioevoinumbria.it
(3) I castelli di Santa Giuliana, San Gregorio, Morcicchia.
Coordinate GPS 43.283589, 12.35473